Eccomi, con il primo libro che sottopongo alla vostra attenzione: Frankenstein di Mary Shelley.
Chi l’avrebbe mai detto che un libro che pensavo fosse quanto meno noioso e scontato mi potesse incantare così tanto?!
Per presentarvelo ho pensato di focalizzare l'attenzione solo su alcuni punti, quelli che a me sono sembrati più intriganti e lascerò perdere contesto storico, trama e tutte quelle cose che … si possono trovare tranquillamente su wikipedia.
Inizierò parlandovi di Mary Shelley.
Questa scrittrice all’età di soli 19 anni si trovò con un gruppo di poeti e letterati in una villa sul lago di Ginevra.
Questi, bloccati dal mal tempo, vennero suggestionati da una storia di fantasmi e dalla situazione in cui si trovavano e decisero di inventare ognuno un racconto horror per passare il tempo. La giovane quindi ideò la storia di uno scienziato che era riuscito a dar la vita a un Mostro. Tornata a casa modificò il racconto rendendolo più appetibile all’editoria e lo pubblicò.
Questo romanzo però non è horror e nemmeno lugubre e sanguinoso. Anzi, nonostante le molte morti non viene quasi mai fatto cenno alla brutalità dei cadaveri, l’attenzione è posta invece sui sentimenti dei personaggi, sui loro tormenti interiori e sulla loro umanità.
Allora... Ecco i personaggi più importanti: Walton, il dottor Frankenstein e il Mostro.
Walton è colui che scrive le lettere presenti nel romanzo (che è in forma epistolare). Attraverso le sue lettere vengono raccontate le vicende del dottor Frankenstein e se stesso che alla fine incontrerà il Mostro. La sfumatura più interessate di questo personaggio è la solitudine che lo spinge alla ricerca dell’amicizia e della lealtà.
Posso citare alcune frasi che l’autrice fa pronunciare a Walton per farvi comprendere meglio la sua personalità e l'intensità dei suoi pensieri.
“Niente può calmare la mente quanto un fermo proposito, un punto su ci l’animo possa fissare il suo occhio razionale” (riferendosi alla missione della sua nave)
“Non ho un amico, Margaret: quando l'entusiasmo del successo s'impadronirà di me, nessuno parteciperà alla mia gioia. Se sarò assalito dalla disperazione non ci sarà alcuno a sostenermi. Potrò affidare i miei pensieri alla carta, è vero, ma è ben povera cosa per comunicare dei sentimenti. Desidero la compagnia di un uomo capace di sentire come me, i cui occhi rispondano ai miei.” (All'inizio del romanzo manifesta questa solitudine che lo spinge a desiderare fortemente una persona amica)
“E dovrei perdere quest'uomo ammirevole? Ho tanto desiderato un amico; ho cercato qualcuno che mi comprendesse e mi amasse. Ed ecco, ne ho trovato uno in mezzo a un mare desolato. Ma temo di averlo trovato solo per imparare ad apprezzarne il valore e poi perderlo. Vorrei riconciliarlo con l'esistenza, ma respinge l'idea.”
(Quando verso la fine del romanzo... meglio che io non lo dica perché rischierei di rovinarvi la lettura)
Frankenstein è il dottore che crea il mostro e vive una sciagura dopo l'altra per averlo creato, senza però amarlo. In tutto il romanzo dentro di lui si alterna la gioia per la vita e l'amore per la sua famiglia e il disprezzo per se stesso e per quello che ha fatto. “Il sonno aveva abbandonato i miei occhi, vagavo come uno spirito maligno: avevo commesso azioni cattive, orrori indescrivibili, e mi ero convinto che molto, molto ancora fosse in serbo per me. Eppure, il mio cuore traboccava di gentilezza e di amore per il bene.”
Quest'uomo mi ha colpito perché è talmente una bella e brava persona che mi sembra strano che sin all'inizio non sia riuscito ad amare la sua creatura... insomma tranne essere “brutto”, il mostro, non aveva fatto nulla di male.
“In una crisi di follia entusiasta ho creato un essere intelligente e avrei avuto il compito di garantirgli, per quando mi fosse possibile, felicità e benessere. Era un mio dovere.”
Questo fa comprendere che Frankenstein non è del tutto cieco rispetto ai doveri che aveva nei confronti della sua creatura, ma che evidentemente è stato debole e si è rovinato con le sue mani.
Infatti, la creatura non è nata cattiva e malvagia, anzi. “Ero di indole buona e gentile: il dolore ha fatto di me un demonio. Rendimi felice e tornerò a essere virtuoso”. Lui non è insensibile a quello che fa, anzi se ne rende ben conto e se ne pente, ma è anche addolorato dalla sua esistenza che viene disprezzata da tutti, anche quelli che lui ama e quelli che aiuta. “
Ci troviamo quindi di fronte a un conflitto : dottore / mostro.
Il dottore spaventato, il dottore la cui famiglia è stata annientata dal mostro che è una sua opera e si rivolta contro di lui, il dottore con la coscienza macchiata dall'aver creato un pericolo per l'umanità.
Il mostro... disperato, solo, disorientato, abbandonato dal suo creatore, buono ma non riconosciuto come tale.
Non so a chi si possa dar ragione, se una ragione c'è. Difatti entrambi si rendono conto di aver sbagliato in qualcosa, ma allo stesso tempo si sentono giustificati per il loro ODIO.
In aggiunta a tutto questo mi ha colpito molto la somiglianza tra i due personaggi.
In momenti e con riferimenti diversi, ma entrambi nel racconto dicono di essere Buoni e Gentili ma che qualcosa ha turbato la loro indole. Il dottore dopo la creazione del mostro si sente colpevole di un reato contro il mondo e dopo la morte dei suoi cari si trova depresso e impazzisce. Il mostro inizialmente è buono, ama le persone e le vuole aiutare, dopo i vari rifiuti (compreso quello del suo creatore) inizia a disprezzare l'umanità.
Insomma, questo libro è davvero stupendo: pieno di suspense, di ansia e spunti di riflessione per un lettore che vuole crescere anche come persona.
I personaggi sono complessi, umani e profondi, nulla è lasciato al caso e lo stratagemma delle lettere del capitano alla sorella rendono tutto ancora più misterioso e intrigante.
Io l'ho letto in modo molto frammentato, ma merita davvero di essere apprezzato per il capolavoro che è senza esser guardato con pregiudizio.